Uno
pensa di abbandonare studio, tesi e relazioni andando a fare uscite
ignoranti in montagna con quelli del CAI. E invece no. Dopo la sfida
dello sci aplinismo mi tocca quella del blog.
Per
rendere le cose più semplici l’uscita in questione conrrisponde
all’evento “SCI PER TUTTI”, che coinvolgeva almeno 24 persone
(di cui continuo ad ignorare i nomi), suddivise in due macrogruppi:
skialp e sci da discesa. Ma sono avvenute altre successive divisioni,
quindi tralasciando tutti gli altri vedo di raccontarvi cosa abbiamo
fatto noi.
Ritrovo
6.30 al CAI di Brugherio, pausa brioches al dolce forno (anche se non
tutte le macchine riescono ad arrivarci) e poi dritti in valmalenco,
fino a parcheggiare a San Giuseppe. Lì avviene la prima divisione
tra gli utenti degli impianti di risalita e chi si affida alle pelli;
e dopo il classico controllo arva si parte.
Dopo
un breve pezzo su comoda stradina sotto gli impianti (in cui si
evince chiaramente la superiorità fisica dei giovani) ci addentriamo
in un boschetto. Richi cede come sempre alla tentazione delle
varianti, sicchè perdiamo lui e chi gli stava dietro, per
ricongiungerci al Lago Palù. Uno spettacolo: ghiacciato e ricoperto
di neve si fatica a riconoscerlo.
Proseguiamo
fino al rifugio Palù, da cui si può ammirare ancor meglio lo
scenario con il lago e il disgrazia che si staglia sul limpido cielo.
Da
qui la salita diventa più divertente, raggiungendo l’apice su un
ripido canalino che, superato con qualche difficoltà, porta a
ricongiungersi al punto più alto degli impianti: da qui niente più
piste e molta meno gente.
Breve
pausa e poi via, sulla salita della speranza. Alle spalle il
disgrazia e di fronte una serie di montagnette innevate che ci
nascondono la nostra meta, ingannandoci e illudendoci di essere
arrivati molte volte prima di quella definitiva. La lunga salita è
intervallata da infami discesine piene di sassi che, oltre a far
perdere preziosa energia potenziale, farebbero cadere anche i più
esperti sciatori. E così, dopo molte imprecazioni, sudore e ripetuti
“Ma dove cazzo sta sto sasso nero?!”, arriviamo alla cima, a
2900msl, circondati da magnifiche cime (di cui cercano inutilmente di
insegnarmi i nomi).
Non
tutti sembrano, però, provati dall’infinita salita e c’è chi,
non sodisfatto del dislivello fatto, decide di sgranchirsi i muscoli
arrampicando un po’ in tipico abbigliamento invernale.
Chi
più chi meno stanco, si festeggia tutti assieme il successo con una
bottiglia di limoncello, che il capogruppo Richi condivide
gentilmente con il suo gregge.
Ma
quando il successo pare raggiunto, la cima conquistata e la fatica
peggiore terminata, ecco che si realizza che tutta quella salita va
ora fatta in discesa. E possibilmente non di culo.
La
discesa è molto varia, inizialmente su mordibi panettoncini di neve
fresca (dove Andrea ci delizia con un volo e Richi con un saltone),
poi si entra nello stretto canalino (che non pareva così ripido in
salita) facendo slalom tra gli alberi per giungere il rifugio tramite
una graziosa e rilassante stradina nei boschi, molto alla Hansel e
Gretel. Fortunatamete al rifugio, al posto di caramelle e dolciumi,
ci aspetta una bella birra. Decisamente meritata.
Ancora
un po’ di discesa su stradina e alcune brevi salitine ci conducono
alle piste, da cui discendiamo fino alle macchine, stanchi,
soddisfatti ma soprattutto affamati.
Putroppo
la nostra fame non è direttamente proporzionale alla facilità di
trovare un posto aperto in grado di soddisfarla, ma dopo svariati
tentativi approdiamo finalmente in un bar, dove fare rifornimento di
birra e cibo prima di tornare a casa.